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LA MAGLIA CHE CI UNISCE - Storia illustrata delle divise dell'A.S. Roma dalla nascita ai nostri giorni

Ho amato la Roma da tifoso e poi il calcio, perché potevo giocarlo con la maglia della Roma.
Francesco Rocca

 

 

In principio furono cinquantanove. Tenendo presente che dovevano essere utilizzate da quattro squadre (“prima”, riserve, due giovanili), i conti sono presto fatti. Praticamente i giocatori della Roma del 1927-1928 disponevano per tutta la stagione di una maglia a testa. Praticamente una seconda pelle. Praticamente, il sogno di ogni tifoso. Un sogno tessuto, filato, colorato, indossato. Conservato e custodito, amato, anche quando sta troppo stretto o va troppo largo, non riscalda abbastanza dal freddo o risulta soffocante. Perché è un sogno che si chiama Roma. Cullato a lungo e finalmente concretizzato in quella tarda e calda primavera del 1927 e incarnato in quelle cinquantanove maglie giallorosse.
Da loro, da lì parte la storia raccontata in questo libro, che cerca di coniugare il rigore scientifico di un catalogo il più completo possibile allo stato attuale delle conoscenze (e che utilizza uno degli strumenti principali dell'analisi scientifica: il disegno) con l'elemento che caratterizza il Centro
Studi per la storia dell'ASRoma dell'Unine Tifosi Romanisti fin dal suo costituirsi, nel 2007 in occasione della mostra dedicata a Testaccio agli 80 anni della Roma e del suo tifo: la passione.
Speriamo di esserci riusciti e di essere stati capaci di regalare a chi ama questi colori un viaggio nel tempo attraverso il simbolo più bello del proprio sentimento. E di essere riusciti almeno a incuriosire qualcuno di coloro che questi colori non amano (...ma come fanno?).
A proposito: i colori. Abbiamo volutamente cercato di evitare di partecipare alla caccia ai  “veri colori della Roma”, addentrandosi come a molti piace recentemente fare  in cinquantamila sfumature di rosso e di giallo dalle definizioni più fantasiose (“becco d'oca”, “sangue di bue”, per dire solo di quelle animalistiche...), per restare invece fedeli alle parole e ai fatti. Le parole delle origini: i colori “saranno il rosso e il giallo”, semplicemente, i colori di Roma (che nel 1927 definiva nel proprio statuto i suoi colori rosso e oro, senza ancora riferimenti per esempio a porpore “imperiali”). I fatti: al mutare di ogni modello, muta il tono e la gradazione dei colori, rendendo
impossibile stabilire una norma per quali siano il rosso e il giallo “della Roma”. Meglio continuare a chiamarli semplicemente ciò che in fondo, appunto, sono: rosso e giallo e lasciare a chi lo desidera la tentazione di dipanare l'arcobaleno.
Rosso, giallo e anche bianco. Come la prima divisa indossata in campionato, quella bianca sarà la seconda maglia ufficiale della Roma da subito, il primo colore (o meglio, l'unione di tutti i colori, il colore della luce) alternativo. Terzo, ma utilizzato nei primi anni quasi più del bianco, il verde. Forse per caso, più probabilmente in omaggio a una delle principali società da cui nacque l'ASRoma: l'Alba, dalla magnifica casacca verde attraversata da una fascia bianca al petto.
Non pervenuto, o al massimo appena intravisto, il nero. Visto come un evidente “omaggio” al regime allora imperante, il completo maglia-pantaloncini-calzettoni neri viene utilizzato poco più di dieci volte in tutto nell'arco di cinque anni, tra 1933 (quando viene indossato la prima volta) e 1938 (quando viene utilizzato in una sola occasione); la maglia/ camicia nera appare dunque come una vera meteora in quegli anni, per venire però mitizzata nel ricordo (o nella nostalgia di alcuni) nei decenni successivi. Si tratta di fatto della casacca meno indossata dalla Roma degli anni Trenta-Quaranta del Novecento, e verrà poi riesumata solo alla fine del secolo.
Più che delle ideologie, dunque, molto più facile leggere nelle maglie della Roma il riflesso dello “stile” degli anni in cui i diversi modelli venivano realizzati. Segnaliamo solo alcuni esempi: le sempreverdi perché elegantissime polo da tennis degli anni Sessanta, le maglie aderentissime come maglioncini degli anni Settanta, le psichedeliche casacche da portiere dei primi anni Novanta.
Anche per la sua struttura “annalistica”, scandita dalla divisione per stagioni calcistiche, questo libro può dunque essere consultato partendo da dove si vuole, andando a ritroso o in avanti, alla ricerca di ciò che più interessa a ogni consultazione.
Ognuno potrà ritrovarci la maglia dell'anno in cui è nato, quella della prima volta allo stadio, quella di quella partita speciale da ricordare, quella speciale di quella partita da dimenticare, quella che non aveva mai visto e quella che caratterizza i ricordi più belli. Chi ama altri colori avrà ricca
materia di confronto per continuare a pensare che i suoi siano più belli. Il collezionista vi troverà la perla rara (“questa mi manca”...). Colui che guarda con fare distaccato e superiore alla vile materia del calcio si chiederà perché tanto spreco di energie per un argomento di tale futilità. Il fine esegeta del football coglierà certamente l'imperdonabile errore (“ma quel polsino aveva un colore diverso!”, “quella maglia fu utilizzata invero solo durante il precampionato”, “quel calzettone è totalmente inventato”, “son tutte cose ormai risapute..” e via pontificando.. Siamo pronti). Infine (soprattutto?) chi indossa oggi in campo questa maglia storica potrà farsi anche con questo libro un'idea di cosa significhi attaccamento alla maglia, a questa maglia. E ci pensi bene prima di maltrattarla, perché zi' Checco e Angelino Cerretti, anche se non sembra, sono ancora lì a sovrintendere.
Tutti, speriamo, potrete trovare quello che abbiamo cercato di mettere in queste pagine piene di colori: lavoro, applicazione, serietà, divertimento, amicizia, passione, senso di appartenenza; ed è per tutto ciò che desideriamo dedicarle ad Agostino Di Bartolomei. 


Il Centro Studi dell'Unione Tifosi Romanisti.